“Ammaccabanane!”

Bene, ora che ho ottenuto la vostra attenzione, ricordiamo insieme, in questo terzo appuntamento alla riscoperta delle vecchie serie tv, uno dei cult assoluti degli anni Duemila: i “medici ai primi ferri”, quelli che per noi erano in onda su Mtv, protagonisti seriali in un periodo in cui vedere le serie doppiate in italiano non era considerato un sacrilegio (ma perché poi?). Indossiamo quindi i camici – gli “scrubs” appunto, che davano il titolo alla serie – e riscopriamo le otto stagioni di quello che per molti anni e per molti spettatori è stato lo show del cuore, ma che ha rappresentato anche e soprattutto una delle più originali e iconiche comedy del decennio passato.

Come scopriamo dai sempre utili “speciali sulla storia della televisione”, gli anni ’90 della NBC avevano contribuito a segnare profondamente l’immaginario delle comedy di qualità in tv. All’inizio del terzo millennio le risate in sottofondo di Seinfeld si erano già spente da anni, ma ancora resistevano le battute scambiate al Central Perk e la grande avventura televisiva del personaggio di Frasier, nato da una costola di Cheers molto tempo prima. In questo clima in cui forse il periodo d’oro è già alle spalle, si inserisce il percorso di un giovane autore: Bill Lawrence. Lo sceneggiatore televisivo, che ormai vedeva all’orizzonte la conclusione del suo primo grande progetto, intitolato Spin City (sitcom di successo retta negli anni da Michael J. Fox, che poi apparirà per due episodi anche in Scrubs, e Charlie Sheen), attinge a piene mani dalle esperienze di vita di un suo amico, un giovane medico tirocinante di nome Jonathan Doris, e ne fa materia da plasmare per il suo nuovo show.

Da Jonathan Doris a John Dorian il passo è breve: Scrubs debutta in tv sulla NBC il 2 ottobre del 2001, e ci resterà, tra pause, scioperi degli sceneggiatori e sfortunati spin-off, fino al 17 marzo 2010, quando concluderà la sua corsa sulla ABC. Tra questi due estremi vivono storie e personaggi cult, e viene raccontata una vicenda che, pur nel suo egocentrismo – il punto di vista di J.D., ma anche i titoli degli episodi, che iniziano quasi tutti con “My… “ – riesce ad allargare lo sguardo a tutti gli abitanti di quella delirante casa che diventa il Sacro Cuore, il grande ospedale situato in una città mai nominata (la “San DiFrangeles” cui si riferivano il cast e la crew), nel quale si intrecciano le vite dei protagonisti, tirocinanti e dottori, infermieri e pazienti.

Protagonista, voce narrante, addetto alla “morale giornaliera” è J. D. (Zach Braff), che con le sue riflessioni interiori e assurde associazioni di idee di volta in volta trarrà il bilancio degli avvenimenti dell’episodio riportando tutte le storyline ad un tema comune. Scrubs è anche e soprattutto il racconto della maturità di John, dagli studi al vero lavoro fino alla prospettiva di costruzione di una famiglia, e quindi l’ultima parentesi “disimpegnata” della sua vita. Ad accompagnarlo in questo cammino un gruppo di amici, quelli di sempre come Duncan Turk (Donald Faison), e quelli nuovi come la svampita Elliot Reid (Sarah Chalke) e l’infermiera Carla Espinosa (Judy Reyes). Ma naturalmente la crescita passa anche attraverso lo scontro, e quindi ecco le “nemesi” del Dr. Dorian, individuate nel suo mentore Dr. Cox (John C. McGingley), nell’inserviente senza nome (Neil Flynn) e nel dispotico primario Bob Kelso (Ken Jenkins). Attorno a questo nucleo di protagonisti ruota, per le otto stagioni (+1), un microcosmo di personaggi ricorrenti e improbabili, come la lunatica ex moglie del Dr. Cox Jordan (Christa Miller, nella vita vera moglie di Bill Lawrence), il sessuomane Todd Quinlan (Robert Maschio), l’infermiera Laverne (Aloma Wright) e molti altri ancora.

Scrubs è quindi un racconto di formazione collettivo a metà fra il drammatico e il comico, con una marcata preferenza verso quest’ultimo, in cui il cliché dell’insegnamento quotidiano e della morale appresa viene inglobato fino a diventare il filo comune della serie. Ne è una prova la stessa sigla, in cui un montaggio dei protagonisti ci mostra il passaggio di una radiografia che infine viene poggiata, errore involontario a quanto pare, al contrario (in un episodio della quinta stagione Elizabeth Banks la girerà rimettendola a posto e affermando di averlo sempre voluto fare). Quindi ripicche e litigi, ma anche e soprattutto collaborazione e stima perché, come ci ricorda la opening di volta in volta “But I can’t do this all on my own. No I know. I’m no Superman”.

E in tutto questo una struttura episodica tipica che viene riproposta con poche varianti per tutta la serie, con un primo monologo di J.D., la presentazione delle varie storyline dell’episodio, e una risoluzione – che spesso si traduce in una rivelazione per i protagonisti dei vari segmenti – che viene ricondotta ad un minimo comun denominatore (fiducia, solitudine, accettazione, umiltà). A volte con risvolti che, se non sfociano nel dramma aperto, comunque sono generalmente molto più pesanti rispetto alla media del genere comedy, multicamera o singlecamera che sia, come ben chiarito fin dal finale del quarto episodio My old lady o dalla tragica conclusione di My screwup.

Ma si tratta di parentesi occasionali in un mare di leggerezza, risate e momenti mindfuck e sopra le righe, come quelli che vedono J.D. partire per la tangente un tot di volte a puntata con fantasie che farebbero invidia a quelle di Homer Simpson. Come tutte le serie cult, anche Scrubs vive di tormentoni, di una piccola “mitologia” interna fatta di soprannomi femminili, quarta parete infranta di continuo, nomi storpiati, espressioni classiche, ma anche di una ottima e curata soundtrack: ricordi ottimi per una discussione con gli amici, ma davvero impossibili da sintetizzare qui (certo che J.D. che canta i Toto nella puntata ispirata al Mago di Oz…).

Dal 2001 al 2010, per un totale di 182 episodi, la qualità generale non si è mantenuta costante. Lo sciopero degli sceneggiatori del 2007/2008, che porta la settima stagione – sia Lawrence che Braff volevano fosse l’ultima – ad avere appena 11 episodi, apre la strada al cambio di network. Lo show riusce a tirare avanti per altri due anni in seguito all’acquisto da parte della ABC, ma la fine è nell’aria. Nuovi personaggi, come il primario interpretato da Courtney Cox, e nuove svolte, come il matrimonio alle Bahamas di uno dei co-protagonisti, sono gli ultimi tentativi di spremere una storia ormai terminata. La fine arriva con un doppio episodio – ovviamente intitolato My Finale – trasmesso negli States il 6 maggio 2009: questo sì, davvero riuscito e emozionante. A quel punto Scrubs: Med School rappresenta solo l’innaturale prolungamento di qualcosa che era già finito, e per il resto è meglio tacere.