Dove Ryan Murphy si inventa un cult. In quel manicomio dove un giradischi vomita ossessivamente la canzone Dominique, American Horror Story trova la forza per entrare nella cultura popolare, per diventare materia di discussione sui forum, per costruire immagini tra le più iconiche della sua breve vita. Tutto questo e dell’altro, perché il carattere “antologico” di una serie lo si può vedere solo al secondo anno: questo significa inevitabilmente confronti tra le annate, ma significa anche rispondere alla domanda degli spettatori su ciò che sarebbe sopravvissuto della prima stagione. Che non è tanto diverso, anche se qui è avvenuto in un clima più sereno e rilassato, dal dibattito tra la prima e la seconda stagione di True Detective.

In ogni caso, la risposta è soddisfacente. C’è il classico “more of the same” che Murphy conosce bene, e quindi via con più personaggi, più storyline, più idee buttate nel mucchio, non tutte con successo. Ma c’è anch...