Paolo Sorrentino, creatore, sceneggiatore e regista di The Young Pope, è di buon umore. Solitamente molto altero e distante, invece ora che presenta la prima stagione della sua prima serie tv (in arrivo il 21 ottobre su Sky Atlantic HD e online su Now TV) è tranquillo e rilassato. Probabilmente avrà influito il fatto che è stata da poco rinnovata per una seconda stagione, tanto che lui stesso ha spiegato che il suo prossimo lavoro sarà scriverne il soggetto.

Sigaro in mano (ha chiesto esplicitamente di spostarci dal primo piano dell’hotel in cui stiamo per le interviste alla terrazza, così da poter fumare) e battuta pronta, non sembra affaticato dalla giornata passata a rispondere a domande, per quanto ad ogni fine intervista chieda all’ufficio stampa “Questa era l’ultima?”, solo per sentirsi rispondere regolarmente “No, ne dobbiamo fare ancora altre”.

Le serie americane le guardi?

Sarò sincero non tanto, ma non perché non mi piacciano, anzi quelle che ho visto sono molto belle. Ma per pigrizia.

E cosa hai visto che ti è piaciuto?

True Detective sicuramente, ma poi anche Fargo, quella nuova Stranger Things. Ah e poi Newsroom! E ovviamente pure House of Cards.

Non ti pare che The Young Pope, che pure somiglia molto al tuo cinema e ha decisamente il tuo stile, giri dalle parti dei temi e della durezza di queste serie?

Non so, forse vi pare perché avete visto le prime due puntate, ma vi assicuro che lungo tutte le 10 ore la serie si trasforma e diventa anche altro. Cioè House of Cards è stupenda ma abbiamo cercato anche di allontanarcene.

Però al momento di passare da cinema a tv a qualcosa hai dovuto ispirarti…

Considera che fare una roba sul Vaticano è un’idea che risale a quando avevo 26 anni, un tempo in cui le serie non erano così belle e importanti, quindi non mi sono ispirato a quelle moderne. È che se racconti un Papa devi raccontare per forza le dinamiche di potere. È un capo di stato, atipico ma sempre un capo di stato.

Di certo la maniera in cui tu unisci il massimo del duro, cinico e bastardo con il massimo della commedia è inedito per la serialità americana, che o fa cose molto serie o molto divertenti.

Per me è l’unico modo in cui so fare le cose, mescolare la commedia con il duro, quando mi accorgo di aver preso una deriva lagnosa cerco di far ridere e alle volte mi rendo conto di essere sia lagnoso che non divertente. Ma non direi che le serie non lo fanno. Lo stesso House of Cards lo fa.

Sì ma pochissimo, qualche ironia ogni tanto. Non come The Young Pope!

Beh pensa a Fargo.

Quello già un po’ di più ma mi pare che il tuo grottesco sia più presente.

So che molti definiscono grotteschi i miei film o il mio umorismo, però io ci tengo a dire che quello che giro non è grottesco, esiste! Esiste tutto, non mi sono mai allontanato dalla realtà nei film, faccio cose molto realistiche. Magari non sono naturalistiche, ma realistiche di sicuro e non grottesche.

Dieci ore di racconto sono tante. Al cinema mi viene più semplice mettere in fila il racconto, anche per questo ho cercato di farla con le caratteristiche dei film.

È stato più difficile che fare un film?

Sì, sicuramente. Dieci ore di racconto sono tante. Al cinema mi viene più semplice mettere in fila il racconto, anche per questo ho cercato di farla con le caratteristiche dei film. Le serie sono lunghe e dilatano il racconto, invece il cinema che è breve lavora sulla sintesi. Spesso nelle serie finisci per assistere ad un tirare avanti trama ad oltranza, invece la bellezza del racconto per immagini sta nella sintesi, in quel momento apicale che tocca un film quando con un’immagine dice tutto. Cioè la sociopatia del protagonista di Taxi Driver raggiunge l’apice e la sintesi massima nella scena allo specchio e per questo poi la ricordiamo tutti. Quindi ho provato a portare la sintesi cinematografica dentro la dilatazione della serie.

La scena più difficile?

Ce ne sono state molte. Ad esempio quelle nella Cappella Sistina, durante il concistoro e l’elezione dei cardinali. C’erano sul set gli esperti di rituali vaticani perché non sbagliassimo, poi avevamo tantissime comparse, quasi tutte anziane, e infine Jude Law che doveva sostenere discorsi molto lunghi.

Piacerà ai cattolici?

Non lo so. Però gli dò un consiglio, conoscendo io tutta la serie: abbiate la pazienza di guardarla tutta prima di essere avventati nel giudizio.

Per te qual è il succo di questa serie? In ultima analisi di cosa parla?

Di una delle molte contraddizioni di quello strano stato che è il Vaticano. Il fatto di avere un capo di stato che fa strategie di potere come tutti i capi di stato ma a differenza degli altri è anche una guida spirituale, che pone e risolve problemi relativi alla fede. Come si possa far convivere queste due anime era ciò che volevamo raccontare, la difficoltà di un essere umano ad esser capo di stato e vicario di Cristo in terra.

C’è qualcosa che ha portato Jude Law nel personaggio e che tu non avevi previsto?

Gli attori intelligenti sono a tutti gli effetti dei co-sceneggiatori, anche se non scrivono materialmente battute e ruoli. Lui poi è un uomo molto dubbioso, pure più di me, e questo è stimolante. Ha tante curiosità su un mondo molto distante per gli anglosassoni. Ma anche più in generale è sempre vero che gli sceneggiatori imbastiscono una griglia larga e poi gli attori la stringono. Jude Law per esempio ha portato una capacità di far convivere a distanza di pochissimo un candore infantile e la spregiudicatezza di un uomo fatto e finito. Io avevo solo vagamente intuito che potesse esserci ma lui l’ha approfondita.

set of "The young Pope" by Paolo Sorrentino.08/10/2015 sc.210 - ep. 2in the picture Paolo Sorrentino.Photo by Gianni Fiorito

Questa la sinossi ufficiale:

The Young Pope racconta in dieci episodi la storia di Lenny Belardo, alias Pio XIII, il primo Papa americano della storia. Giovane e affascinante, la sua elezione sembrerebbe il risultato di una strategia mediatica semplice ed efficace del collegio cardinalizio. Ma, com’è noto, le apparenze ingannano. Soprattutto nel luogo e tra le persone che hanno scelto il grande mistero di Dio come bussola della loro esistenza. Quel luogo è il Vaticano, quelle persone sono i vertici della Chiesa. E il più misterioso e contraddittorio di tutti si rivela Pio XIII. Scaltro e ingenuo, ironico e pedante, antico e modernissimo, dubbioso e risoluto, addolorato e spietato, Pio XIII prova ad attraversare il lunghissimo fiume della solitudine dell’uomo per trovare un Dio da regalare agli uomini. E a se stesso.

Jude Law interpreta Lenny Belardo – Diane Keaton interpreta Suor Mary – Silvio Orlando interpreta il Cardinale Voiello – Scott Shepherd interpreta il Cardinale Dussolier – Cécile De France interpreta Sofia Dubois – Javier Cámara interpreta Monsignor Gutierrez – Ludivine Sagnier interpreta Esther Aubry – Toni Bertorelli interpreta il Cardinale Caltanissetta – James Cromwell interpreta il Cardinale Spencer.

The Young Pope è una serie prodotta da WILDSIDE e coprodotta da HAUT ET COURT TV e MEDIAPRO che andrà in onda in prima TV su Sky Atlantic: in Italia dal 21 ottobre, nel Regno Unito, in Germania, Irlanda e Austria da fine Ottobre e sempre da fine Ottobre in Francia su CANAL+