Al Roma Fiction Fest Umberto Contarello è uno dei giurati, nella vita è sceneggiatore. A lungo braccio scrivente di Mazzacurati, negli ultimi anni sodale di Paolo Sorrentino per i film della “seconda fase” cioè da This Must Be The Place a La Grande Bellezza fino anche all’avventura televisiva Sky/HBO di The Young Pope.

Se nelle opere di Paolo Sorrentino la sferzante meschinità di certi suoi personaggi, il cinismo e quell’unione unica tra solenne, elevato, potente e contemporaneamente bassissimo è lo stile del regista, la creazione di immagini e il contemplativo sono alcune delle maniere in cui Umberto Contarello influenza quei film. Gli altri sono impossibili da determinare, sono frutto di conversazioni, scambi di idee e di una comune visione (con Sorrentino) del destino della narrazione audiovisiva, la ricerca di una caos espressivo che rigetta la consueta definizione di trama o intreccio.

In un’intervista fiume che ci ha concesso abbiamo affrontato questo punto come anche le sue passioni televisive e cinematografiche (e non è quel che si potrebbe pensare). Qui invece riportiamo la parte dell’intervista centrata su The Young Pope.

Prima di tutto una precisazione. Qual è stato esattamente il suo lavoro su The Young Pope? Compare come sceneggiatore di due episodi soltanto ma poi Sorrentino in diverse interviste ha riconosciuto il suo contributo come decisamente maggiore.

L’idea è assolutamente di Paolo io ho scritto con lui due puntate per l’appunto, le ultime due. Con Paolo abbiamo un modo di lavorare molto rodato e in questo caso nelle varie fasi di scrittura il mio è stato un intervento squisitamente creativo e non di editing. Paolo e io ormai non siamo più capaci di progettare, ci viene molto difficile progettare un racconto o un film se significa sapere tutto prima che venga scritto. L’approccio che abbiamo è più simile a quello della narrativa romanzesca più che quello dell’ingegneria e in effetti i film e i racconti televisivi che più ci piacciono sono quelli che ci danno queste sensazioni. Discutiamo molto poco prima di scrivere. Lui è un grande lavoratore e ha anche una grossa facilità di scrittura, quindi collaboriamo scrivendo e non parlando. Ma cosa scriveremo entrambi non lo sappiamo prima che avvenga.

Perché ha collaborato proprio alle ultime 2?

All’inizio, quando erano soltanto abbozzate, in una riunione con i produttori Paolo disse che lui lavora in un certo modo, i suoi film sono noti e benché sappia che ci sono delle regole per il racconto televisivo lui avrebbe voluto procedere a modo proprio. Il che significa, per esempio, che voleva fare una puntata quasi senza protagonista, tanto per dire quanta libertà era intenzionato a prendersi. Allora io pensai che se ce la facevano fare l’avrei fatta io, perché mi sembrava la cosa più difficile (cosa che poi invece non è stata). Quindi mi sono scelto le ultime due.

L’industria televisiva americana, la più sofisticata e potente, è ancora più rigida con i generi di quella cinematografica, The Young Pope invece…

No no aspetta, facciamo esempi. Fargo a che genere appartiene?

Commedia nera direi.

Vedi, questo è uno dei motivi per cui ragioniamo per clichè. La grande industria nasce fortemente legate alla divisione per genere ed identità ma è contemporaneamente in grado di fare sia il modello base e che quello costoso. Nego che esista una sola persona al mondo in grado di definire il codice, il canone e il genere di tutto il lavoro dei Coen. Per dire che l’assunto della tua domanda non è corretto. True Detective ad esempio non è un nero!

Ha ragione, ma mi spiego meglio: non parlo dei soliti generi (horror, thriller, poliziesco ecc. ecc.) ma di determinati filoni produttivi ben identificabili. Ad esempio ci sono i racconti televisivi sui grandi giochi di potere che vanno da House of Cards a Il trono di spade o quelli che hanno a che vedere con il lato grottesco della criminalità, là dove fargo sta con Breaking Bad. Tutto ciò per dire che nonostante tutto questo Young Pope mi sembra la prima ad unire due generi di racconto televisivo che nessuno aveva unito: il grande racconto di potere con la grande commedia. Anche Fargo, che è piena di commedia, non ne ha quanto Young Pope e l’unione di questi opposti mi pare unico (almeno in tv, perchè al cinema voi già lo fate da tempo). Questo nella fase di scrittura e nella discussione con i committenti ha creato problemi?

No, perché benché sappiano che potranno intervenire, se muovono molti soldi sanno anche che non vai dal fruttivendolo per avere una bistecca. Se prendono un certo autore, prendono il suo mondo. Nessuno va dai Coen a fargli le pulci e non perché sono i Coen, quanto perché loro come tutti gli artisti non sanno perché fanno una cosa, o meglio sanno solo che quella cosa gli piace molto. E io considero la seconda serie di Fargo un assoluto capolavoro, perché gronda di tutte le cose meravigliose della storia della letteratura e del cinema americano, diciamo sedimentate da un punto di vista libero. Eppure loro sono autori che si rivolgono a grandi pubblici. Non è un prodotto di nicchia.

Nella sua visione e in quella di moltissimi altri autori il contesto ha un’importanza relativa. Che si parli di un pubblicitario negli altri ‘60 o di qualunque altro uomo, alla fine conta solo cosa gli accadrà e come reagirà. Quindi quanto conta in Young Pope che quello narrato sia proprio il papa? Di certo conta nella curiosità degli spettatori, ma per voi?

Non te lo so dire. Certamente lavorare su un personaggio emblematico e su una funzione emblematica è un lavoro interessante perché è un lavoro di disvelamento di ciò che è nascosto dentro alla funziona, che poi è quel che Paolo ha fatto con Il Divo. Penso che Paolo lavori bene sui personaggi che hanno una componente simbolica verso l’esterno e che gli venga molto bene trovare i rovesci di questa cosa. In ciò Il divo e il Papa hanno elementi in comune.

Esiste un certo piacere nel fare The Young Pope, nel mostrare e creare immagini su qualcosa su cui quasi nessuno ha creato immagini? Perché solitamente le immagini create intorno al papa sono sempre le stesse, molto retoriche e ripetitive, ma non le vostre.

Beh sì è un piacere ma molto più semplice di quel che sembra. Perché basta pensare che ad un certo punto il Papa mette un pigiama e va a letto ed è fatto.

Ma non è anche un avventurarsi in uno dei pochi terreni vergine rimasti?

Sì ma sai cosa? Questi ragionamenti qui, per quanto possa sembrare strano, sono più da critici che da autori. Lo scrivere un film o un personaggio è qualcosa di molto più incosciente, anzi è un’attività che si svolge nella sospensione delle domande. Uno che narra e inventa non può avere il cervello occupato dalle domande, altrimenti l’altra parte del cervello sarà occupata a rispondere. Invece inventare ha a che vedere con la fantasia, la sospensione delle domande. Quindi è la prima volta che penso a questa cosa, è la prima volta che mi faccio questa domanda.
Alla fine fare un film o un racconto televisivo è cercare di mettere dentro tutte le cose che ti piacciono, è cercare di farle stare insieme in qualche modo. Non è scrivere e girare le cose necessarie ma metterci quello che ti piace. Se per un motivo irrazionale ti piace l’eterna dannazione della radio che non ha mai la sintonia giusta, e ti fa impazzire, ce la metti. Non è preceduto da un ragionamento. Da questo punto di vista aiuta pensare in modo stupido. I Coen sono maestri in questo, loro partono sempre da un punto di vista molto stupido sulle cose, i loro personaggi sono tutti stupidi, perché scrivere degli stupidi è più produttivo di scrivere personaggi intelligenti, che invece è terribile e noiosissimo.

Beh i vostri però sono spesso intelligenti…

Chi?

Ad esempio Jep Gambardella di La Grande Bellezza

Ma quello è un perdigiorno! Uno che la dà a bere a tutti.

Sì ma è anche uno sveglio dai dialoghi intelligenti e le battute taglienti.

La bellezza di Gambardella è il crinale vertiginoso tra il vuoto e il nulla totale di cui è fatta la maggior parte della nostra vita e dei momenti in cui, per grazia divina, ti esce qualcosa di bello.
Lo stesso vale per Cheyenne di This Must Be The Place o per il Papa, sono personaggi che danzano come acrobati inconsapevoli a se stessi tra momenti di improvvisa e inconsapevole illuminazione e abissi altrettanto sublimi di idiozia. In questo ascensore che collega le due cose Paolo è maestro. È lì la caratteristica vera dei suoi personaggi, questo vuoto e questo pieno, questo sentenzioso e importante e questo inutile. È un po’ questo il lavoro che facciamo insieme ma che lui ama fare.

La seconda stagione di The Young Pope è ufficiale?

Non posso dare nessuna ufficialità, non mi intendo di come funzionino queste cose. Posso dirti che Paolo sta cominciando a scriverla e tra poco comincio anche io.

Secondo lei quanto devono essere lunghi i racconti televisivi? Ce ne sono che vanno avanti anche più di 10 stagioni, pensa che ci siano dei limiti?

In teoria il mio sogno sarebbe quello di fare un racconto televisivo che dura 20 anni, che segua la vita di uno o due individui per due decadi, raccontare e filmare 20 anni. Tutti i giorni. Come con le soap opera.

Le soap opera però sono il trionfo dell’intreccio, lei ha sempre detto che all’intreccio preferisce la digressione…

È vero scusami, ho sbagliato definizione. Intendo qualcosa che vada in onda tutti i giorni raccontando ciò che avviene a una o due persone che crescono, ma che “crescono”, nel senso concreto, che invecchiano.