Il secondo episodio di American Crime Story: L’assassinio di Gianni Versace è andato in onda mercoledì, mostrando più esaustivamente il rapporto dello stilista (interpretato da Edgar Ramirez) con sua sorella Donatella (interpretata da Penelope Cruz), nonché il legame con il fidanzato Antonio D’Amico (interpretato da Ricky Martin); per quanto riguarda la storia del serial killer Andrew Cunanan (interpretato da Darren Criss), la puntata ha presentato un personaggio brevemente comparso già nel primo episodio: trattasi di un tossicodipendente affetto da HIV, Ronnie, che nella serie ha il volto di Max Greenfield (New GirlAmerican Horror Story).

“Andrew è un amico per lui,” ha dichiarato Greenfield in un’intervista per l’Hollywood Reporter. “O, almeno, è ciò che Ronnie vorrebbe che fosse. Inizia a rendersi conto che qualcosa non va, ma non vuole crederci perché antepone l’amicizia a ciò che intuisce potrebbe accadere.”

In contrasto con le dichiarazioni della famiglia Versace, che ha sempre negato che Gianni fosse affetto da HIV, la serie sposa invece la teoria della sieropositività dello stilista, creando un ideale collegamento tra il suo status e quello di Ronnie. “Due anni prima, erano arrivati i primi farmaci per la terapia contro l’HIV,” ha spiegato Greenfield, “e quindi c’erano tutte queste persone che, in cuor loro, avevano ormai accettato il proprio destino e a cui, improvvisamente, era stata data una nuova speranza di vita. Molte di loro erano morte e, in virtù di questo, molte altre si ritrovarono a chiedersi perché fossero state risparmiate.”

American Crime Story sottolinea la drammaticità dello status delle persone affette da HIV negli anni precedenti l’introduzione della rivoluzionaria terapia antiretrovirale, mostrando un Gianni pesantemente debilitato dal virus e costretto a far affidamento sulle forze della sorella Donatella e dell’amato Antonio; sebbene non ci siano, lo ripetiamo, prove concrete ad avvalorare la tesi della sieropositività dello stilista, la situazione dipinta nella serie FX è facilmente accostabile a quella di molte persone che, in quei drammatici anni, convivevano con una condanna a morte pendente sul capo.

Fonte: Hollywood Reporter