Dopo settimane di misteri, venerdì è uscito Black Mirror: Bandersnatch, film interattivo di Netflix compatibile con browser web, iOS, Android, console, smart tv (ma non AppleTV e Chromecast).

Un progetto molto complesso da realizzare, così complicato che il creatore della serie Charlie Brooker nel confermare al The New York Times che non vi saranno altri episodi simili nella quinta stagione, ha consigliato ad altri filmmaker intenzionati a imitarlo di “fuggire via. È molto più difficile di quello che pensate”.

Bandersnatch non è il primo esperimento di Netflix con l’interattività: era già successo con Puss in Boots: Trapped in an Epic Tale, nato dalla partnership con la DreamWorks Animation, e Buddy Thunderstruck: The Maybe Pile. Ma per creare questo film di Black Mirror in grato di essere visto in 50 minuti come in 120, a seconda delle scelte effettuate (90 minuti se non si tocca il telecomando), ci sono voluti oltre 18 mesi di lavoro.

Nel maggio 2017 Brooker e la produttrice Annabel Jones incontrarono i capi della produzione di Netflix insieme al capo del design interattivo della piattaforma, i quali proposero loro questa sorta di esperimento. Brooker, sulle pagine di Wired, ricorda di aver inizialmente rifiutato:

Penso che ce ne andammo da quella riunione dicendo “no”. Pensai subito a certi videogiochi lentissimi su CD-ROM degli anni novanta: spesso erano farraginosi, non vedevo come potessero trasformarsi in Black Mirror.

Ma qualche settimana più tardi, durante una riunione dedicata alla storia, venne fuori un’idea che piacque molto a Brooker e alla Jones, e che sembrava perfetta per una storia interattiva: uno sviluppatore di videogiochi degli anni ottanta che cerca di realizzare un adattamento videoludico di un librogame.

Il primo passo fu pianificare la storia su una lavagna (“Mi resi conto che era come realizzare una normale storia, con qualche cambiamento alla fine”), ma poi venne aggiunta la possibilità di far sì che la storia si ricordasse di alcune scelte precedenti, incorporando riferimenti ad esse (“A quel punto era chiaro che sarebbe stato tutto molto più complesso”). Il risultato non fu una sceneggiatura vera e propria, ma una sorta di grande traccia della storia impostata con il linguaggio di programmazione di videogiochi Twine, l’unico modo per catturare la complessità di Bandersnatch (“Ogni volta che avevo un’idea la mettevo in un riquadro, e potevo spostare i vari riquadri creando una grande coperta patchwork). Lo script venne finalizzato con Twine, Scrivener, Final Draft e varie iterazioni di Notepad. Per gestire una storia ramificata come quella di Bandersnatch, Netflix ha poi sviluppato uno strumento apposito chiamato Branch Manager, che permette ai creativi di costruire narrative complesse che includono loop, salti da un punto all’altro della storia, scelte multiple eccetera: tutti elementi che sono stati inseriti nel film. Con questi strumenti i creatori della serie si sono spinti oltre i limiti immaginabili: “La storia continuava a espandersi, anche durante la pre-produzione,” ricorda Brooker. “Tanto che a un certo punto il Branch Manager non ha più retto, e la storia è crashata. Non mi era mai capitato prima!”

Rispetto a un episodio normale di Black Mirror, Bandersnatch è costato il doppio ed è stato realizzato nel doppio del tempo: “Solitamente abbiamo un solo esaurimento nervoso quando lavoriamo a Black Mirror, qui ne abbiamo avuti 12 consecutivi!” Anche per quanto riguarda la riproduzione del contenuto è stato necessario fare alcune innovazioni: solitamente Netflix pre-carica parte dei contenuti per facilitare l’esperienza di streaming. Nel caso di Bandersnatch, il sistema scarica due possibili variazioni della storia per volta. Questo spiega perché il film non è disponibile per le vecchie smart tv.

Fonte: Wired | Variety

 

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