Sono passati tredici anni dal debutto della versione americana di The Office: adattamento dell’originale inglese creato da Ricky Gervais e Stephen Merchant, la prima stagione composta da soli sei episodi fu una sorta di “esperimento” per vedere se il pubblico USA avrebbe apprezzato una comedy con un umorismo asciutto tipicamente britannico.

Intervistato dal podcast di Vox I Think You’re Interesting, il produttore Michael Schur (che interpretava anche Mose nella serie) ricorda come tale esperimento rischiò seriamente la cancellazione alla fine della prima stagione, e spiega cosa permise allo show di essere rinnovato e, in seguito, di ottenere il successo che ebbe (anche grazie a una maggiore indipendenza dall’originale):

La serie venne supervisionata da Kevin Reilly, che guidava la NBC all’epoca. Era appena arrivato da FX, adorava la serie inglese e ci credeva tantissimo. Quindi diede al creatore Greg Daniels la possibilità di fare ciò che voleva, coinvolgendo chi riteneva più adatto nel cast.

La prima stagione, da sei episodi, non piacque a nessuno. In genere, il 99% delle volte, una serie così viene cancellata. Era un esperimento da sei episodi che non aveva visto nessuno: era l’epoca in cui le sitcom facevano ascolti stellari sulle televisioni broadcast. La cancellazione era quasi sicura, ne eravamo certi.

Ma da questa serie dipendeva la reputazione di Kevin Reilly. Quindi parlò ai suoi capi alla NBC: “Credete in questa serie. Sono certo che funzionerà. Datemi un’altra possibilità, datele un’altra stagione”.

Venne annunciata una seconda stagione da 13 episodi, ma in realtà vennero ordinati solo sei episodi. I media seppero di un rinnovo da 13 episodi, perché se fosse stata annunciata una stagione “ridotta” avrebbero capito tutti che era condannata alla cancellazione.

Quindi uno dei motivi per cui fu salvata fu l’intervento di un dirigente del network che fece quello che di solito i dirigenti dei network non fanno, e cioè prendere una posizione.

Nel frattempo, Steve Carell era diventato una star del cinema grazie a Quarant’anni Vergine, che incassò moltissimi soldi:

Durante la pausa, dopo quei sei episodi che nessuno aveva apprezzato, Steve Carell divenne una gigantesca star del cinema. Tutti lo trovarono improvvisamente divertente e di talento, e anche la NBC si disse: “Fermi tutti, abbiamo questa gigantesca star sotto contratto…”

Uno dei motivi per cui rinnovarono la serie fu il contratto di Steve.

Alla serie vennero anche apportati grossi cambiamenti che gli sceneggiatori non videro di buon occhio, ma che contribuirono a renderla più popolare:

Greg Daniels, il creatore della serie, è intelligentissimo. Quando Steve divenne una star del cinema, decise di sfruttare la cosa per la serie modificando Michael Scott, il personaggio che interpretava, e applicandovi “un po’ dell’energia del protagonista di Quarant’anni Vergine”, che evidentemente aveva fatto scattare qualcosa nel pubblico.

Tutti gli sceneggiatori si ribellarono, me incluso: “Rovinerai tutto, il personaggio antipatico creato da Ricky Gervais e Steve Merchant è perfetto, come osi! Il bello è proprio che Michael Scott, come David Brent, è una persona orribile!” Greg ascoltò pazientemente tutti noi, e ci rispose: “No, scemotti, cambierò le cose, cercheremo di mettere un barlume di speranza alla fine di ogni episodio”.

Lo fece, e la serie invece che durare 12 episodi ne durò 200.

Il successo della serie deriva quindi da una serie di decisioni drastiche ma fondamentali che, attraverso un lavoro di sceneggiatura, contribuirono a valorizzare un ottimo cast e un materiale di partenza con un enorme potenziale.

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