Non Mentire, in onda dal 17 febbraio su Canale 5, viene da Liar – L’Amore Bugiardo, serie tv creata dai fratelli Williams per ITV (da noi andata un anno fa su Nove). Racconta di un uomo e una donna che si incontrano, escono a cena e poi passano una notte insieme. Dal giorno dopo lei accusa lui di averla violentata, lui sostiene che non sia vero niente, di essere vittima di accuse infondate e di una persecuzione. Noi non sappiamo cosa sia accaduto fino al finale e tutta la serie indaga sui due meccanismi in un sistema mediaticamente potentissimo: chi cerca soddisfazione e chi invece è perseguitato.

Il finale di stagione originale è andato in onda a ottobre 2017, esattamente quando compariva sui giornali il caso Weinstein. Di fatto la serie era arrivata un passo prima ed evidentemente non poteva tenere conto della centralità che questo dibattito eterno tra tutela di una vittima e attenzione per un accusato avrebbe assunto. Ora però Indigo ha realizzato l’adattamento italiano con Alessandro Preziosi e Greta Scarano diretti da Gianluca Maria Tavarelli in un mondo che invece ha ben presente quanto sia importante e quanto sia discusso a tutti i livelli il tema.

Alla Berlinale Carlotta Calori (di Indigo) assieme a Tavarelli e alla sceneggiatrice Lisa Nur Sultan hanno presentato il progetto di adattamento, e noi abbiamo avuto l’opportunità di incontrarli.

Come ha funzionato l’adattamento, su cosa avete lavorato?

CARLOTTA CALORI: Quel che ci ha aiutato nella produzione e nel coinvolgimento di Mediaset è stato principalmente avere da subito uno script forte (visto che è un adattamento) dai temi così universali che erano facili da tradurre. Quel che però era chiaro fin dall’inizio era che avremmo dovuto lavorare sulle relazioni familiari che da noi sono più forti e vicine.

LISA NUR SULTAN: Ad un certo punto nella serie inglese la protagonista prende una deriva solipsistica, nella nostra invece la facciamo fermare un po’ di più, la rendiamo più dubbiosa e più preoccupata di come tutta la storia possa far soffrire i suoi parenti o chi gli sta intorno.

GIANLUCA MARIA TAVARELLI: Quel che rende facile l’adattamento è che il fascino della serie sta nel dispositivo narrativo, perché la trama in realtà è molto semplice: di fatto è il racconto di una notte tra un uomo e una donna. Ciò che attrae è come è raccontato, non facendola vedere ma ricostruendola in tante maniere diverse e contraddittorie.

Solitamente le serie si adattano al paese che le manda in onda, ma voi l’avete anche dovuta adattare all’era post-Weinstein?

GMT: In realtà questo dibattito è sempre stato centrale, già negli anni ‘70 si discuteva sul fatto che la donna la violenza se la cerchi se va in giro vestita scollata. Al di là di Weinstein è importante accendere un faro su questo, è importante che la legge protegga e tuteli la donna in tutto quello che è la violenza sessuale, un argomento vastissimo che va dal gruppo che ti stupra in discoteca fino a chi ti fa lavorare soltanto a certe condizioni. Del resto questa serie non prende posizioni particolari ma accende un faro, i personaggi principali sono fatti entrambi di luci e ombre (ed era già così nell’originale).

LNS: La cosa importante della serie è che lungo tutto il percorso si empatizza sia con un uomo accusato ingiustamente che con una donna che non viene creduta. Noi raccontiamo entrambe le ingiustizie, solo che una alla fine una delle due non sarà vera. Trattiamo entrambi i punti di vista come fossero veri per poi scoprire quale non lo sia. La cosa importante è la macchina del fango che ti travolge non appena ti avvicini, una cosa mai raccontata chiaramente in tv.

Anche qui però, riguardo l’eco mediatico di queste storie, dopo Weinstein molto è cambiato. Se pensiamo solo al nostro panorama, l’unico accusato effettivamente, Fausto Brizzi, è stato scagionato a livello giurisprudenziale ma mediaticamente no…

GMT: Certo! Abbiamo lavorato anche su quello, sull’impasto di realtà e finzione, menzogna e verità che è vero a 360 gradi. Riguardo Brizzi lui dice una cosa ma chi lo accusa, che pure era nel medesimo studio, ne dice un’altra ed è impossibile venirne fuori.

Nessun processo ti riabilita mai veramente perché il sospetto è sempre più forte, senza contare che un’assoluzione civile non corrisponde ad un’assoluzione morale, anche se sei stato prosciolto non è che mi devo scusare con te ma posso continuare a pensarla come prima, cioè che i provini si fanno in ufficio e non a casa propria. A prescindere da quel che dicono i processi non devo cambiare la mia opinione su di te.

Tuttavia è inevitabile che per quel che è accaduto in America sia cresciuto moltissimo il dibattito sociale sul tema e che questo si sia incrociato con la diversa posizione che la donna sta guadagnando nella società occidentale. Non ci sono paragoni con il mondo pre-Ottobre 2017 e questo.

CC: Sì ma non credere che sia stato più che altro quello il nostro interesse. Ci era piaciuta soprattutto la trama e il dramma psicologico che innesca. Poi ovviamente pensando all’Italia è molto importante quel che sta succedendo ed è ovvio che è il momento giusto per raccontare questa storia, ma davvero quel che ci ha attratto prima di tutto era la componente di thriller psicologico.

LNS: Considera credo che proprio per l’aspetto di thriller psicologico nell’adattare la serie abbiamo aggiunto un carico di senso di colpa ulteriore che una donna italiana vive rispetto ad una inglese. La protagonista inglese ha una rabbia pura, vuole vendetta e giustizia, la nostra è più dolente perché pensavamo che una donna italiana così’ rabbiosa non sarebbe stata accettata dal pubblico, sarebbe suonata antipatica (è una questione culturale proprio). Inoltre credo che proprio come nazione abbiamo un livello di senso di colpa così acuto che anche chi subisce una violenza ipotetica o reale si sente in qualche modo di aver contribuito a che avvenisse. Probabilmente è anche per questo credo che il #metoo da noi non ha avuto la forza che ha avuto negli altri paesi. Perché dentro non siamo così convinte di poter pretendere più di così.

nonmentire2