Completamente trasformato Non Mentire attacca il suo ultimo dittico di puntate con un episodio interlocutorio nel quale ad essere portate avanti sono solo le trame corollarie, le piccole questioni aperte e lasciate in sospeso, i tradimenti e le gravidanze. Dopo la chiusura un po’ truffaldina del cliffhanger della puntata scorsa (no, non ha perso il bambino anche se ce lo avevano fatto credere) tocca alle storyline minori di trovare una sublimazione, come se venisse preparato il terreno all’ultima puntata. I due protagonisti ovviamente non mancano ma sono presi in azioni marginali che non portano avanti la trama puntando più che altro a ribadire la rivalità, le opposte idee e la tigna nel difendersi da una parte contro quella nel rivelare la verità dall’altra.

Solo l’ultimo vero episodio Non Mentire potrà dirsi approdato pienamente ad un altro genere, una caccia all’uomo fatta in tante maniere diverse e da differenti parti. Giustizia ordinaria e giustizia privata continuano a scambiarsi, influenzarsi e sovrapporsi fino al finale, non trovando però mai quel ritmo incalzante che dovrebbe sostenerlo. Alla fine una chiusa quasi inattesa di una durezza, una cattiveria e anche un cinismo che non sembravano appartenere ai personaggi stupisce. Perché la furia della serie afferma senza problemi che la giustizia è giustizia, a prescindere dalla maniera in cui arriva. Non è edificante ma meschino e cinico, quella risma di sentimenti apprezzabili in racconti per adulti ma che qui sono così coccolati e giustificati che un po’ generano repulsione.

La protagonista di questa versione italiana infatti è ammorbidita rispetto all’equivalente britannico, non è furiosa e disposta a tutto come lei (nonostante lo dica di continuo), non è spinta da una profonda rabbia ma sembra più che altro non sapersi rassegnare per carattere, sembra essere motivata dal desiderio di non perdere più che dalla giusta indignazione del non aver visto un colpevole assicurato alla giustizia. Per questo forse l’ultima inquadratura con il drone spiazza così tanto, perché non sembra appartenerle.

Non Mentire è stato un esperimento per Mediaset fatto andandoci piano, più interessante all’inizio che alla fine, molto incline a scendere a compromessi per non perdere il pubblico affezionato e capace di fare “nuova televisione” solo a sprazzi. Inevitabilmente il risultato, nonostante un impianto visivo più sofisticato del solito, soffre dei soliti problemi, oltre che di una realizzazione non sempre al medesimo livello (Preziosi e Scarano decisamente non recitano nella stessa maniera e con la stessa cura in tutte le scene, oscillando da un ottimo livello a scene tirate via e battute mangiucchiate).

E se l’intenzione del progetto è palesemente una sorta di rieducazione del pubblico tramite la ricalibrazione la bussola morale di ciò che viene proposto in televisione, assecondando idee decisamente più adeguate ai tempi quanto a diritti delle donne e uso strumentale della colpa, è allora dubbio che tutto sia finito com’è finito: con il meno corretto e il meno lieto dei lieto fine. Pur andando in deroga alla sempreverde fiducia per le forze dell’ordine che regna nelle produzioni televisive (rimangono l’espressione del meglio della nostra società ma non riescono a risolvere molto dimostrandosi abbastanza inutili), Non Mentire ottempera lo stesso a molto del buonismo generalista, assolvendo a piene mani un po’ tutti, lasciando in pace i ragazzi (sempre innocenti perché guardati da una prospettiva genitoriale e non da una che sia alla loro altezza) e acquietando i conflitti familiari scatenati dalla trama.

È a tutti gli effetti un lieto fine cinico e da vigilante quello proposto ma pur sempre lieto, perché se la questione principale poteva finire molto meglio, il mondo in cui la protagonista vive sembra essersi ricomposto e l’impressione di vivere nella migliore delle realtà possibili (quella della Fiction, in cui il sole splende sempre dopo una notte di pioggia) invece che nella nostra è comunque tangibile.