Far partire l’impresa dal nulla è stato costoso. Prima della pandemia, Quibi stimava in oltre 550 milioni di dollari le perdite operative per il 2020. Secondo le proiezioni, infatti, i costi di programmazione originale e advertising supereranno i ricavi.
È normale che una nuova attività non vada in attivo per parecchio tempo, e nel caso di Quibi era da mettere in conto che dover costruire un’intero palinsesto di programmazione originale da zero (con investimenti non indifferenti anche in tecnologia) non sarebbe stato economico. Il dubbio, però, è che l’emergenza Coronavirus (che ha costretto miliardi di persone a casa in tutto il mondo) possa impattare negativamente sulla diffusione di una piattaforma che è pensata soprattutto per la visione di “quick bites” (ovvero episodi brevi) sugli smartphone, verosimilmente durante gli spostamenti per andare al lavoro o a scuola, o in pausa pranzo.
L’app è stata scaricata circa 3 milioni di volte finora, e per i primi tre mesi non genererà alcun ricavo, visto che offre 90 giorni di utilizzo gratuito. Sarà alla fine di questo periodo di prova che Quibi scoprirà realmente se i suoi utenti sono intenzionati a pagare per ciò che stanno vedendo. L’azienda scommette di sì, e stima 400 milioni di dollari di ricavi nel primo anno, di cui 250 milioni dalle sottoscrizioni (e il resto dalla pubblicità).
Nel frattempo, l’azienda ha raccolto recentemente altri 750 milioni di dollari in finanziamenti per avere un “cuscinetto di liquidità”.
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