In occasione dell’arrivo della quarta stagione di SKAM Italia abbiamo avuto modo di intervistare il regista e showrunner Ludovico Bessegato.

Nella prima parte dell’intervista (che potete trovare qui) abbiamo parlato del lavoro compiuto sulla sceneggiatura e con i protagonisti prima e durante le riprese, oltre ad accennare a un possibile rinnovo della serie per un quinto ciclo di episodi.

In questa seconda parte delle domande spazio invece agli ostacoli affrontati a causa dell’emergenza Coronavirus che hanno reso complicato completare il lavoro sulle puntate, alle scelte musicali e alle reazioni dei fan.

Avete concluso il montaggio della quarta stagione durante il lockdown. Come è stata l’esperienza di lavorare a distanza?
Montare è complicatissimo: si ha bisogno di una connessione che permetta a chi è a distanza di vedere e sentire bene quello che sta guardando il montatore e non è semplice, si hanno ritardi. Con la tecnologia di adesso è molto complicato, magari in futuro inventeranno delle macchine e dei software che permetteranno di fare questa cosa in modo più agevole. Normalmente viaggiamo a una media di un episodio a settimana come tempo di montaggio, uno da 30 minuti lo realizziamo in cinque giorni ed è rifinito. Ci abbiamo messo quasi un mese e mezzo per montare gli ultimi due, quindi è stato molto faticoso. Senza parlare poi del mix e della color correction per cui si va in posti dove c’è un monitor tarato di alta qualità. Fare la color correction con un monitor di un MAC da 13 pollici non era possibile, così come il mix che per poter far bene i volumi si deve andare in una sala che ha un certo tipo di impianto, avere un feedback di un certo tipo. Per questi due aspetti ci siamo messi la mascherina, era possibile farlo, e siamo andati al lavoro.

Uno degli elementi più apprezzati e amati di SKAM Italia è la colonna sonora. Come prende forma la selezione dei brani?
Parte tutto da degli appunti che io inizio subito a prendere: quando ascolto le canzoni su Spotify se c’è qualcosa che mi piace la salvo in una cartella specifica ed è la base del lavoro. Poi quando c’è la fase di montaggio proviamo a pensare cosa potrebbe starci bene partendo proprio dai miei appunti, ma spesso non sono sufficienti o c’è qualcosa che non convince, quindi andiamo un po’ a orecchio. Poi c’è un’altra figura importante che sono i nostri consulenti musicali – Paola Sangiorno, Silvia Siano e Federico Diliberto Paulsen – che ci mandano suggerimenti e spunti, dando vita a uno scambio continuo. Sono le stesse persone che fanno poi per noi le trattative con i vari editori, case discografiche ed etichette.

Avete mai avuto problemi nell’ottenere i diritti e il via libera necessari a usare i brani?

Normalmente, nel 95% dei casi il pezzo che scegliamo lo riusciamo ad acquisire e utilizzare, in altri casi – ma sono stati veramente rari – è successo che magari l’artista non ha risposto nei tempi perché non era reperibile oppure aveva delle richieste fuori mercato, quindi ci si chiede perché spendere una cifra con cui si potrebbero comprare quattro canzoni americane o italiane medie che mi piacciono molto… Si sa il budget e si decide. Solo con i Daft Punk si sono rivelati particolarmente cari, quindi per quanto mi piacesse il brano potevamo trovare qualcosa di altrettanto bello senza investire troppo su quell’elemento.

Il budget non troppo elevato che caratterizza la produzione della serie ha mai impedito di realizzare nel modo che speravi qualche passaggio della storia?
Ci permette di avere tutto quello che ci serve per realizzare questo tipo di prodotto. Non c’è qualcosa che avrei potuto fare o avrei potuto fare meglio avendo a disposizione una cifra più alta. La serie ha delle caratteristiche specifiche, un cast giovane, un impianto realistico, la camera a mano… Poi quando dobbiamo girare la scena in discoteca abbiamo tutte le luci, le comparse, le musiche… Abbiamo fatto una serie realistica, con un impianto un po’ indie, ma con tutte le caratteristiche che per noi erano importanti, come le musiche che avevano a disposizione un budget di livello, nelle scene che richiedono un gran numero di comparse non abbiamo mai avuto problemi, quando ci servivano le scene in esterni le abbiamo fatto, anche quando dovevamo andare a Milano, Viterbo, in altri contesti. Era quello che andava speso per fare questo tipo di prodotto. Non sempre per fare le cose di qualità serve avere moltissimi soldi. Si possono fare prodotti ottimi senza compromessi. Se si hanno delle scelte molto studiate e degli attori in grado di non aver bisogno di molti ciak, io come regista non ho bisogno di fare moltissimi tagli, quando si hanno due primi piani che funzionano non c’è bisogno di fare molto altro, il budget basso e la qualità si sposano benissimo.

La stagione è disponibile in streaming da poco più di una settimana e online ci sono già stati dibattiti, a volte anche accesi, su alcune scelte dei personaggi. Come reagisci quando leggi i post online?
Sono abituato già da quattro stagioni alla situazione, i social permettono a tutti di dire la loro, è giusto così. Alle volte possono nascere delle polemiche dal nulla perché questo è il meccanismo dei social: bastano tre persone che a un certo punto dicono ‘A me non è piaciuta questa cosa e mi sento offeso’ e automaticamente tante persone sentono il bisogno di schierarsi, mettono in dubbio ogni cosa, pensano che forse le cose non sono state fatte nel modo migliore. Io ho ricevuto tantissimi attacchi basati sul nulla. A molti ragazzi piace indignarsi e prendere posizione. Sono abituato e la cosa che ho imparato a fare è dare la giusta proporzione alle cose: se ci sono 10 persone su Twitter che pubblicano vari tweet in un’ora il risultato in timeline sono quasi 100 tweet e sembra che ci sia un grande dibattito sull’argomento. Ma 100 tweet di 10-20 persone su una comunità che probabilmente è intorno al milione di persone significa dare importanza all’opinione di un gruppo davvero limitato. Non sono in realtà niente ed è importante accettare che chiunque possa dire qualcosa perché è impossibile realizzare un prodotto che piaccia al 100% delle persone. Già pensare che piaccia all’80% delle persone significa tanto. Se si scrive SKAM Italia su recensioni Google le percentuali di approvazione e consensi positivi sono altissime e con questa stagione siamo riusciti a toccare anche target nuovi che con noi sono sempre molto carini. Lo stesso accade anche con altre serie come Gomorra, che io adoro, che è stata al centro di dibattiti e si è chiesto se glorificasse la criminalità, si è discusso molto… Io personalmente la adoro e penso che andasse fatta così, ma non è che il dibattito abbia tolto forza al prodotto.
Cosa ne pensi delle critiche rivolte alle scelte di Sana?
Ho scritto questa stagione con una persona di religione musulmana, una sociologa, che frequenta la comunità e ha un dialogo con tanti ragazzi e persone. Certo, nemmeno lei può parlare a nome di tutti come nessuno può fare, e mi ha dato un’interpretazione di alcune cose che io ho sposato. Ci sta che l’interezza del mondo musulmano possa non essere d’accordo con lei e quindi con me, va bene, però ho ricevuto tantissimi messaggi di ragazzi musulmani che mi hanno ringraziato, scritto cose bellissime, dicendo che si sentono più capiti dai loro compagni, che alcuni amici hanno chiamato per chiedere scusa perché hanno capito che potrebbero averli offesi. C’è chi non è andato in vacanza per le stesse ragioni di Sana e non parlava più con le sue amiche da un anno e ora si sono riappacificate, o altre ragazze che non portavano il velo e ora si sentono meno a disagio e più capite se lo indosseranno. Se anche solo 10 persone hanno fatto pace con le loro amiche, si sentono più capite e non solo, allora posso accettare tutte le altre critiche. Mi sento molto contento e ho avuto dei feedback enormemente positivi.

Nonostante il target a cui si rivolge, la serie viene vista anche da molti genitori e insegnanti, anche grazie all’arrivo su Netflix che ha ampliato ulteriormente la possibile platea. La reazione alle puntate si modifica in qualche modo con l’età degli spettatori?
La maggior parte dei messaggi che mi arrivano è su Instagram che è un mezzo frequentato prevalentemente dai giovani, ma fin dall’inizio ho ricevuto messaggi di apprezzamento e di stima anche da parte dei genitori e degli insegnanti.
Avere una seconda piattaforma come Netflix che si affianca alla prima aumenta ovviamente la platea, ma ho la sensazione che si sia trattata di una congiuntura favorevole e questa situazione di quarantena aumenta l’attenzione nei confronti dei prodotti in streaming, è una delle poche valvole di sfogo che abbiamo, quindi c’è più attenzione e curiosità nei confronti di quello che esce. Il tema delle seconde generazioni è forse un argomento nei cui confronti un adulto può sentirsi maggiormente coinvolto, quindi sta nascendo un bel dibattito e sono molto contento.

Al termine degli episodi c’è una lunga lista di ringraziamenti, quanto è importante riuscire a costruire un team collaudato per realizzare un progetto come questo?
Con SKAM ho raggiunto un’autonomia invidiabile perché godo di grande fiducia da parte del mio produttore e dei broadcaster, ma cerco sempre il confronto e spunti e sono io che magari chiedo a loro dei feedback sulle puntate, sul materiale girato. Quella è la parte bella: non cerchi il confronto perché devi, ma perché prima che essere il mio produttore è una delle persone di cui ho più stima e bisogno di un confronto perché è importante averlo, dal produttore al montatore, agli attori a cui spesso faccio vedere gli episodi in anteprima perchè mi interessa il loro punto di vista. Cerco sempre di creare intorno a me un nucleo di persone di cui ho stima per potermi confrontare perché senza confronto si diventa autoreferenziali, non mi interessa. Se devo raccontare di me faccio una serie su Instagram, se devo fare una serie sugli altri ho bisogno di un costante confronto con gli altri.

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