Il 28 agosto hanno debuttato su Netflix le prime due stagioni di Cobra Kai, la serie spin-off di Karate Kid che, a detta di molti, ha anche portato a una rinascita della carriera di Martin Kove, il caratterista dalla mascella squadrata che interpreta l’antagonista più memorabile del franchise, Sensei John Kreese.

Riconosciuta da tutti come una vera e propria star televisiva degli anni ’80, Martin Kove ha il suo primo ruolo importante nella serie di successo della CBS Cagney & Lacey. In seguito, Kove ha avuto anche ruoli importanti in film d’azione come Steele Justice e Rambo: First Blood Part II. Ma la svolta arriva quando accettò il ruolo del malvagio e travagliato veterano del Vietnam diventato maestro di arti marziali in Karate Kid del 1984 (e poi nei sequel del 1986 e nel 1989). Questo divenne il suo ruolo cinematografico più conosciuto e importante.

Sin dal suo periodo di massimo splendore televisivo e cinematografico, l’attore 74enne si è ritagliato una solida carriera come caratterista, ma Kreese lo ha seguito in giro, con fan e sconosciuti che ancora oggi gli citano le battute del film. Ha persino ripreso il personaggio, in modo non ufficiale, in un video musicale, oltre ai numerosi spettacoli comici prima che ritornasse la possibilità di rivestire i panni di Kreese, prima come guest-star nell’ultimo episodio della prima stagione e poi come regular nella seconda.

Cobra Kai è sbarcata su Netflix, ma in origine le prime due stagioni sono andate in onda su YouTube Red. Ora, la terza stagione è attualmente in produzione a Netflix. Qualche giorno fa, The Hollywood Reporter ha intervistato Martin Kove e l’attore ha rilasciato qualche dichiarazione sul ritorno della serie e sul franchise in generale.

Karate Kid è un regalo che continua a dare e tutti lo adorano. Per me, la star di Karate Kid è sempre stata Robert Mark Kamen, lo scrittore. Perché quanti altri film possono vantare cinque o sei battute iconiche, battute come: “Sweep the leg”. “Nessuna pietà.” “La misericordia è per i deboli.” Tutto questo [da un film]. “Ceretta su, cera via.” Ce ne sono quattro o cinque proprio lì. Questi sono i classici che restano vivi.

Il [film originale] è stata un’esperienza religiosa per tanti. Ralph Macchio, Billy e io, abbiamo avuto modo di fare convention e show per i fan e stare insieme 30 anni prima che questa nuova serie arrivasse. E quello che abbiamo visto [agli spettacoli e alle convention] è che tre cose che sono accadute nel film hanno realmente risuonato con le persone, cose che hanno contribuito a renderlo un’esperienza religiosa. Numero uno, nel 1984, [i personaggi principali] furono davvero vittime di bullismo. Numero due, c’è una relazione con una donna o una storia d’amore che non ha funzionato. E numero tre, c’è il tema del pesce fuor d’acqua, qualcuno che si muove molto e non ha mai radici. Così ho scoperto, attraverso spettacoli di autografi e parlando con le persone, che tutti sentivano, in qualche modo, l’esperienza di Karate Kid. Questo è stato rappresentato così bene nel film e 30 anni dopo, anche la serie riesce in questo. Riporta quei temi, anche se introduciamo sempre nuovi elementi, come questi adolescenti.

 

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