La Alcatraz degli anni ’60 è glaciale, freddissima, cupa e senza speranza. Un luogo tanto colmo di disperazione quanto irreale, al punto che persino un inumano assassino di bambini di nome Kit Nelson può sperare di far empatizzare il pubblico con le continue vessazioni cui è sottoposto in carcere. Il registro però cambia decisamente quando si ritorna ai giorni nostri, in cui l’ex carcerato è di nuovo a piede libero e pronto a spezzare giovani anime, come quella di un undicenne di nome Dylan che diventa vittima di un rapimento.

Il terzo episodio di Alcatraz non offre niente di nuovo, se non l’ulteriore conferma, casomai ce ne fosse bisogno, che l’impianto narrativo di base presentato nel pilot e rivisto nella seconda puntata verrà quasi sicuramente riproposto in ognuna delle 13 puntate che compongono questa prima stagione. Che questo sia un bene o un male possono deciderlo solo la sensibilità e le aspettative dello spettatore; da parte sua lo show si è presentato...