La grande forza di Orphan Black, che qui recuperiamo con qualche mese di ritardo e che nel frattempo si è sedimentato nell’opinione comune come una delle più interessanti novità dell’anno, è il suo costante reggersi in equilibrio tra serietà e seriosità, tra una narrazione che fin dalle premesse pecca di inverosimiglianza e una scrittura che al tempo stesso riveste i propri personaggi ipercaratterizzati di una forza rara per un progetto simile. Ideata da Graeme Menson e John Fawcett, la serie trasmessa dalla BBC America non inventa nulla, ma nemmeno si prende gioco dello spettatore con false piste e cali di ritmo. In appena dieci puntate la narrazione gioca sull’azione piuttosto che sull’attesa e le riflessioni, in un lento ma costante precipitare verso il finale scandito dai mille personaggi che hanno il volto della bravissima Tatiana Maslany.

Il prologo è fulminante e emblematico. Annullando qualunque parentesi introduttiva e gettandoci nella mischia, ignari d...