Si scrive Narcos, si legge Pablo Escobar. Anche il secondo arco di episodi della serie Netflix tradisce la prospettiva storica, che pure le sarebbe congeniale e a cui spesso fa riferimento con materiale di repertorio, in favore di una visione più ravvicinata e soggettiva, umana e romanzata. Pablo rimane l’origine e il termine di ogni rapporto e ogni motivazione, il corpo ingombrante che si fa strada tra le maglie della Storia per attirare i riflettori su di sé. Il lavoro di Wagner Moura è encomiabile, mentre la narrazione, stretta tra le maglie dell’aderenza storica e dell’inquadramento nel genere gangster, non si concede ampi margini di manovra. D’altra parte il ritmo, l’ambientazione, il carisma del protagonista, riscattano qualunque sentore di “già visto” e consegnano il progetto alla sezione “di qualità” della piattaforma streaming.

Si riparte poco dopo il finale dello scorso anno, con un Pablo debole, braccato, che sembra aver ...