Non è un caso che nel doppio episodio che segna lo storico ritorno della serie di David Lynch non vengano mai pronunciate le parole “Twin Peaks”. Partendo dal punto di vista per cui, nel biennio 1990-1991, la serie della ABC ha inaugurato un percorso di destrutturazione e ricostruzione del linguaggio televisivo, tornare su quei passi non si può. Un maestro del linguaggio visivo come Lynch, consapevole che la serialità là fuori è andata avanti, questo lo sa, e risponde destrutturando la sua stessa creatura. Il Twin Peaks che ci troviamo di fronte, non dissimile in questo da Dale Cooper, è una creatura intorpidita, ma non stanca, affannata dal lungo sonno della ragione in cui è rimasta costretta negli ultimi 26 anni, ma ansiosa di tornare alla luce del sole.

Se per opposti e associazioni d’idee ha lavorato la fascinazione lynchana all’interno di Twin Peaks, questa si ripropone anche a livello metanarrativo. In un sistema di specchi che deformano e plasmano lo sgua...