Il cinema di David Fincher, specchio dei suoi protagonisti, corteggia l’abisso delle perversioni umane. E la figura del serial killer, elemento ricorrente nella sua filmografia, ne è il catalizzatore estremo e metodico, seducente e affascinante secondo quelle forme distorte che solo il male può assumere. Ciò che allora diventa interessante è sviscerare le strutture mentali e comportamentali che si nascondono dietro gli omicidi più brutali, quindi dopo gli effetti risalire alle cause. Mindhunter non ha il piglio da docudrama di Zodiac né la tensione viscerale di Se7en, ma percorre una terza via, più analitica, per raccontare le radici del male. La nuova serie di Netflix è un gioiello e una delle migliori nuove proposte dell’anno.

Punto di partenza della serie creata da John Penhall è il testo Mind Hunter: Inside The FBI’s Elite Serial Crime Unit. Negli anni ’70 due agenti dell’FBI, Holden Ford (Jonathan Groff) e Bill Tench (Holt McCallany) introducono una n...