Come nella più classica delle cacce al tesoro, anche Westworld vede convergere nel finale tutti gli attori interessati verso il punto indicato dalla X sulla mappa. A differenza della prima stagione, “la porta” intesa come cardine dell’intera stagione si svela come molto più concreta rispetto al “labirinto”. Ci sarà sempre una ricaduta all’interno di se stessi, con tutte le considerazioni ideali che ciò comporta, ma al tempo stesso il valore della ricompensa sarà decisamente tangibile. In un surplus di intreccio, piani temporali, obiettivi più o meno contorti, Westworld trova il meglio e il peggio di sé: ricco di fascinazioni, simboli, considerazioni ispirate sulla natura umana, ma anche costretto tra le maglie di uno sviluppo che più cerca di aggrovigliarsi, più rischia di stancare. Qui si conclude la seconda stagione della serie della HBO: non la migliore versione di se stessa, né la peggiore, in ogni caso un oggetto televisivo molto interessante da...