È inutile parlare di Making a Murderer rispetto ai suoi contenuti. Si tratterebbe di un’elaborazione soggettiva di una storia che già di per sé è molto filtrata da una visione unilaterale. Scandalo giudiziario o manipolazione audiovisiva? Non abbiamo una risposta certa e, in un momento storico in cui chiunque si sente in dovere di dire la propria su qualunque argomento (soprattutto quando non ne sa niente) preferiamo fare atto d’umiltà e evitare di trarre conclusioni. Diciamo allora che la docuserie Netflix si conferma un evento abbastanza interessante dal punto di vista del linguaggio utilizzato e sotto il profilo dell’interpretazione particolare che fa del genere documentario. A fronte di tutto questo, però, la seconda stagione non è del tutto giustificata.

La storia è sempre quella, di morboso fascino, di Steven Avery. L’uomo ha scontato diciotto anni di carcere per un crimine non commesso. Uscito di prigione, ha intentato una causa milionaria per ottenere ri...