Una lenta storia di fantasmi e di ombre. Prendere o lasciare, questo è ciò che True Detective è sempre stato. Perfino in una stagione come la seconda, che appare come un’anomalia alla luce di questo ritorno alle origini, il caso in sé passa in secondo piano rispetto al malessere umano che scoperchia, al dramma umano che si cela dietro tutto ciò che è irrisolto. Che di per sé è un fondamento di un certo tipo di poliziesco sporco e dannato. The Big Never, titolo della puntata, come The Big Sleep.

Questa settimana accade poco in concreto. Ci sono piste da seguire, persone da monitorare, luoghi da perlustrare alla ricerca di qualcosa che forse è sfuggito allo sguardo la prima volta. Si torna quindi sul luogo del crimine, e lo si fa nel passato, recandosi di persona, o nel presente, tornando con i ricordi a quei momenti. Ciò che emerge è un quadro poco conciliante, forse nemmeno affidabile, in cui l’unica costante sono i sensi di colpa. In questo senso trova ancora una sua motiv...