Il dominio dell’immagine rispetto alla parola, il potere mistificatore della messinscena teatrale, l’inconoscibile stratificazione dell’umana coscienza. Un’immersione prolungata in uno spazio denso di temi complessi, così potremmo definire la seconda stagione – o, attenendoci alla dicitura ufficiale, la seconda parte – di The OA. La serie ideata da Brit Marling fa impennare, nei suoi otto nuovi episodi, la propria già conclamata ambizione: a distanza di due anni e mezzo, questo non è il ritorno che ci aspettavamo. La sorpresa qui è, si badi, tutta positiva: pur rinunciando da subito alla conturbante ambiguità che aveva contraddistinto la prima, ineguagliabile stagione, l’apertura di questo nuovo corso per The OA ne mantiene intatta l’impavida ricerca di stupore intellettuale. A dispetto della sovrapposizione di diverse realtà e al necessario (produttivamente parlando) arricchimento del cast di protagonisti, la stagione riesce a barcamenar...