Succession (seconda stagione): la recensione

Per capire il linguaggio e la filosofia stessa alla base di Succession si può partire anche dal contesto dell’ultimo episodio della seconda stagione. C’è uno yacht lussuosissimo che diventa ambientazione chiusa che definisce e intrappola i personaggi stessi. Fanno parte della stessa famiglia, si stanno godendo una pausa rilassante, per quanto possibile, per staccare da una crisi che sembra alle spalle. All’improvviso il contesto muta, si scopre che uno di loro, non si sa chi, è sacrificabile. Il patriarca Logan Roy è l’assassino senza arma, che deve solo emettere la sentenza. C’è ironia, ansia, dramma, ma c’è soprattutto la capacità di modellare tutto questo in un racconto stimolante e avvincente.

Perché di fatto Succession, anche alla seconda stagione, porterebbe con sé una certa pesantezza di fondo. Episodi da un’ora che raccontano di una facoltosa famiglia statunitense, composta da personaggi se n...