Narcos: Messico (seconda stagione): la recensione

Una serie come Narcos: Messico, come tutto il genere gangster al quale aderisce, non può fare a meno di corteggiare la grandezza. Delle storie, dei personaggi, delle ambientazioni che narra. Al centro di tutto devono esserci necessariamente grandi uomini che compiono azioni eclatanti, capaci di definire un’epoca. Economicamente, politicamente, socialmente. Stile e criminalità dialogano, e tutto il resto scivola indifferente al dolore e alla morte che quell’incontro produce. Se la serie Netflix può emanciparsi da questo, allo stesso tempo non dà l’impressione di volerlo fare. Così, anche alla seconda stagione, accumula risposte e meccanismi attesi, ma non così coinvolgenti.

Ed è qualcosa che funzionava molto bene all’epoca di Escobar, granitico e accentratore, figura dominante. Il cartello di Guadalajara, con Felix in prima linea, recupera quell’approccio, ma appare come una storia di piccoli personaggi che ...