C’è una strabordante metafora alla base di Fifteen Million Merits, secondo episodio di Black Mirror. È evidente, è immediata, è rimarcata in ogni secondo, ma è talmente ben costruita e integrata con la storia che va a raccontare da lasciar passare in secondo piano qualunque critica. Si tratta di un episodio affine, per cinismo e crudeltà, a The National Anthem, ma al tempo stesso estremamente diverso, perché diverso è il tipo di fantascienza che va a raccontare. Nel primo caso ci trovavamo di fronte a un incubo molto contemporaneo, fantapolitica più che fantascienza. Stavolta abbiamo a che fare con un mondo distopico, che ad ogni angolo rivela riflessi inquietanti con il presente, ma che costruisce una società del tutto inventata. Un’altra straordinaria esperienza da spettatori, capace di scuoterci nel profondo.

In un mondo ipercontrollato, il giovane Bingham (Daniel Kaluuya) segue la stessa routine ben codificata e predisposta. Dal mattino alla sera, pedala per quanto può ...