BoJack Horseman (stagione 6, parte 2): la recensione

C’è qualcosa di sorprendentemente felliniano negli ultimi episodi di BoJack Horseman. Non che non ci fosse mai stato, ma nel tempo la serie è stata inquadrata soprattutto come ultimo tassello di un filone riconoscibile nella tv di prestigio contemporanea. Un progetto che ha come bizzarro protagonista un cavallo antropomorfo che nient’altro è se non l’ennesima incarnazione dell’antieroe tutto americano. Un ruolo che in tv era stato di Don Draper (Mad Men) e prima ancora di Tony Soprano (I Soprano), ma che ben si adatta alle turbe esistenziali dell’attore alcolizzato, perennemente in conflitto con se stesso, specchio di un mondo dello spettacolo che è artificiale per definizione.

BoJack Horseman – personaggio e serie – è tutto questo, ma anche di più. Come i suoi illustri predecessori, non si limita ad essere un archetipo dell’insoddisfazione cronica, ma il suo conflitto più grande passa attraverso l...