Al confine tra i generi, corteggiando la fantascienza e accarezzando l’action, esiste nei momenti migliori di Sense8 questa volontà di trascendere la pura necessità del racconto per fermarsi ad ascoltare il “respiro del mondo”. Ed è in quei momenti di connessione profonda tra i protagonisti, con un senso della vicenda corale e globale, che la serie delle sorelle Wachowski trova la sua identità più pura. Riveste concetti di comunità e condivisione – di per sé ammantati di una certa vaghezza – di una stringente necessità, quasi il dovere da parte dell’umanità tutta di ritrovarsi in quell’unico respiro, non annullando le proprie differenze per evitare conflitti, ma esprimendo al meglio la propria unicità per creare legami.

Sense8 lo aveva fatto nella prima stagione, aveva ribadito questo concetto nello speciale natalizio, e lo fa ancora oggi, nella seconda stagione giunta su Netflix a quasi due anni dalla prima. Ritornano quindi ancora una volta le vite (la v...