In un panorama cinematografico come quello odierno, un prodotto come L’Esorcista del 1973 appare figlio di un’epoca in cui ogni colpo di scena era ancora da sdoganare, e in cui la malizia dello spettatore era ben più moderata. La possessione demoniaca della protagonista del film di Friedkin diveniva inequivocabile a racconto inoltrato, con buona pace del pubblico più sospettoso. Al giorno d’oggi, tuttavia, la medesima operazione risulta costellata di crepe narrative, dovute alla fioritura, negli ultimi quarant’anni, di una quantità straordinaria di figli legittimi e illegittimi del film cult, fioritura che ci porta a ignorare a priori la possibilità che le manifestazioni diaboliche possano essere figlie di un fraintendimento, frutto di traumi psicologici e, quindi, scollegate da un’effettiva presenza demoniaca.

È quindi con un certo sollievo che vediamo The Exorcist archiviare una volta per tutte l’ambiguità finora mantenuta sulla possessione di Case...