Quando nel 1990 va per la prima volta in onda Willy, il principe di Bel-Air (sarebbe arrivato 3 anni dopo in Italia) la cultura nera è all’apice dell’evoluzione del rap. Da poco era nato il gangsta rap che non avrebbe fatto che crescere per tutti gli anni ‘90 (cioè per tutta la durata delle 6 stagioni della serie), Willy da quel mondo veniva ed entrava in quello dei bianchi. E in tutta la serie non c’è nessuno di più bianco di Carlton Banks.

Alfonso Ribeiro, famiglia di Trinidad e Tobago (ma incredibilmente “accusato” di essere dominicano), una vita a ballerino, diventa l’immagine di tutto quello che non bisogna essere, l’opposto logico di Willy, quasi un antagonista se poi in realtà non fosse così un amico e una spalla. Non appartenere alla cultura nera è inizialmente un peccato irreparabile, con il tempo diventerà solo una mesta tristezza. Oggi che la serie è arrivata su Netflix, è la storia più attuale che ci sia.

Quella dei neri sbiancati, cioè degli afroamericani che vivono o aspi...