Dopo la vittoria degli Emmy 2020 come miglior miniserie, la consacrazione di Watchmen, la serie televisiva ideata da Damon Lindelof è stata pressoché totale. Molto amata dal pubblico e dalla critica si è da subito imposta come vero adattamento (nonostante sia una sorta di sequel) del capolavoro a fumetti di Alan Moore e Dave Gibbons.

Fin qui tutto bene. Ma c’è una sottile linea che separa le due opere, non a livello qualitativo, ma di percezione dell’audience. E che definisce le similitudini e le differenze tra l’una e l’altra. Si tratta del tempo. A volte sospeso, a volte omaggiato, a volte considerato intoccabile come una statua d’oro.

Watchmen

Il tempo del racconto

Il tempo del racconto, ne abbiamo già parlato qui, è stato utilizzato dal showrunner proprio come Moore aveva fatto sua la cadenza regolare delle uscite del comics. In un tempo di BingeWatching e di scorpacciate audiovisive, ritrovare l’attesa di un episodio dopo l’altro e la dimensione contenuta di una storia a...