La premessa è una delle più agghiaccianti da immaginare: le forze dell’Asse hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale, Germania e Giappone si sono divise il mondo e tutta la Storia è andata avanti in un’altra direzione. Oggi sarebbe più considerato come un esercizio di stile, qualcosa di lontano da noi, e invece nel 1962, quando Philip K. Dick usciva con The Man in the High Castle (da noi noto come La svastica sul sole), erano passati appena 17 anni dalla fine della guerra. Il romanzo era una provocazione lanciata – forse nata per caso, tanto poco programmatico sembra lo scrittore – in un mondo che già era andato avanti con nuovi conflitti e nuovi nemici da individuare, ma era anche una riflessione sulla Storia, sulla verità, sulle contraddizioni dell’Occidente.

Non una distopia, ma un’ucronia. Forse l’ucronia per eccellenza, il what if per eccellenza, dato che nessun altro evento nella storia dell’umanità ha coinvolto così tanti individui e ha avuto un...